Logo Comune di Monticello d'Alba

A free template from Joomlashack

Gli Affreschi di San Ponzio

Monticello d’Alba, vivace centro del Roero, vanta un primato di tutto rispetto: la più antica figurazione a fresco sinora ravvisata nell’albese.

Nell’abside che sorge nel secolare cimitero situato a circa un chilometro dal centro storico, si possono ammirare frammenti di decorazioni di grande interesse storico e culturale.

L’edificio viene menzionato nella vasta conferma di possessi fatta nel 1014 dall’imperatore Enrico III al Vescovo di Asti;

secondo questo documento la chiesa di S.Ponzio risulta essere chiesa parrocchiale non sottoposta ad aluna pieve o monastero. Nel 1494 il Papa Alessandro VI ne concede il patronato ai Conti Roero di Monticello proprietari del castello situato nel capoluogo (Villa).

La visita pastorale del 1585 attesta che la struttura è in buono stato, ufficialmente la chiesa è ancora parrocchiale, ma le funzioni religiose vengono celebrate nella chiesa della Villa; a S. Ponzio hanno solo più luogo le inumazioni tanto nel cimitero antistante la chiesa, quanto nelle tombe che si trovano sotto il pavimento della stessa. Con il passare del tempo l’edificio perde il campanile e la navata, conservando l’abside che ancor oggi può essere visitata ed ammirata.

All’interno dell’abside l’affresco di maggior vetustà è certamente quello posto sulla destra raffigurante S.Ponzio, diacono di Cartagine, morto dopo il 260 d.C. La raffigurazione infatti lo ritrae con vesti pressoché diaconali e con gli strumenti del suo ministero rituale. Le insegne liturgiche sono la stola portata di traverso dalla spalla sinistra al fianco destro e la dalmatica. La carnagione del Santo è resa dall’autore di colore nerastro, così come nero è il S.Ponzio che appare nella pittura murale di forma ovale al centro della settecentesca facciata di tamponamento.

Il riquadro frammentato (cm. 215x123), è composto di due figure di venerabili : S.Ponzio è raffigurato frontalmente, le braccia sono quasi conserte sul petto presentando un’ostia consacrata col crisma ed un libro chiuso. A fianco del Santo si può notare una ridotta figura di monaco vestita di un ampio mantello e saio bianco. Le iniziali in epigrafe, che lo affiancano, B e S suggeriscono l’identificazione in S. Benedetto, promotore del monachesimo occidentale. Autorevoli studiosi sostengono essere queste testimonianze di arte carolingia..

Il Perotti ne suggerisce la collocazione nel periodo che va tra l’ultimo quarto dell’ultimo secolo e la seconda metà del nono secolo.

Sulla parete sinistra è ben visibile un riquadro rettangolare (cm. 95x50) di coloritura ocra e bruna con la raffigurazione di un Santo. Le quattro lettere in carattere nero compongono le iniziali “AL LO”, derivazione abbreviata di “Alloi” cioè Eligio. Il Santo tiene in mano un martelletto, una scatola per i chiodi, un ferro di cavallo; l’immediatezza della figura non chiaroscurata è messa in risalto dall’omogeneo fondo di ocra gialla. Quest’ultimo è da riferirsi o ad una cromatica citazione dei fondi dorati dell’arte bizantina oppure alle vocazioni dell’aureo metallo che il Santo orafo ha impiegato.

Le sue caratteristiche formali lo collocherebbero in ambito protoromantico nella prima metà del XI secolo.

Dislocato sopra l’immagine di Sant’Eligio, ma in diverso strato di intonaco, è riconoscibile un composito motivo geometrico con prevalenti colori rosso-brunati, bianchi e verdi. I fregi verticali a losanga, a tasselli di mosaico e con quadratini a scacchi decorano un riquadro con andamento parallelo ad una colonnina a torciglione. Nettamente più in basso a sinistra dell’altare è riscontrabile un altro frammento di affresco a malapena leggibile, di ancor più minute dimensioni (cm.34x35).

All’estrema sinistra della parete dell’altare è affrescata una Madonna col Bambino (cm.165x105). La Madonna, resa quasi acefala dal degrado, tiene presso di sé il Figlio che sta eretto e lo osserva benedicendo. L’immagine è delimitata da una cornice dipinta a scacchiera bianco-nera nelle strisce verticali, interrotte a metà da motivi segnici a tortiglione. L’accentuato degrado e la picconatura hanno molto deteriorato questo dipinto; solo il bambino è ben leggibile. Si presume che il dipinto sia stato eseguito da un pittore franco-piemontese tra la fine del XIII secolo e gli inizi del ‘300.

Il filone più eccentrico (così è stato definito da Giovanna Galante Garrone) per la pittura trecentesca in provincia è rappresentato nel Roero dalla ragguardevole Crocifissione affrescata sull’altare della cappella S.Ponzio. un riquadro (cm.250x180) raffigura il Cristo sulla croce con ai lati la Madonna piangente e l’addolorato S.Giovanni. Il sole e la luna sono raffigurati sopra il braccio trasversale dello strumento di supplizio e simboleggiano l’alternarsi del giorno alla notte. Le tre figure statiche, quasi pietrificate, sono rese con prevalenza di colori cinerei,

freddi anche per le carnagioni. E’ da notare la particolare disposizione del Cristo crocifisso : egli ha il capo di tre quarti chinato, reclinato sulla spalla destra. Il suo torace è piuttosto ampio ed è delineato con pochi segni di contorno. Interessante è la schematizzazione delle coste: dieci e sette. Nonostante il supplizio in atto non vi è traccia di ferite sanguinanti o di percosse subite. La madre piange sconsolata ma silenziosa; l’apostolo prediletto invece si sostiene il capo con un’espressione affranta in viso. L’altra mano indica, agli osservatori, Gesù Cristo che dalla croce gli affidò l’incarico di prendere con sé la Madre. L’impianto della scena, con tre sole figure piramidali sul fondo monocromo, è tra i più antichi che ci sono pervenuti.

La visita alla cappella ed al cimitero di S.Ponzio creano nel visitatore, anche nel meno esperto, suggestive emozioni e l’ideale ritorno ad un passato caratterizzato da linee essenziali, colori caldi e forme semplici ed armoniose.

 
 
Joomla Templates by Joomlashack